sabato 9 novembre 2013

Baru, realismo e tanto sentimento

Passato un buon periodo di latitanza, ho deciso di tornare a scrivere su questo blog dopo aver letto Pompa i bassi Bruno!, l'ultima graphic novel in ordine temporale di uno dei miei autori preferiti, il francese Baru.
Non sta a me adesso stare a descrivere e raccontare chi sia, vista soprattutto la sua popolarità, ma se qualcuno non lo conoscesse, beh, è venuto il momento di rimettersi in pari. Mi permetto quindi di consigliare alcuni titoli che mi sono piaciuti particolarmente.

Pompa i bassi Bruno! è una storia di speranza e lotta, di sfruttamento e determinazione. E' molto difficile approcciare un argomento come l'immigrazione in modo poetico, ma in questo caso Baru ci riesce benissimo.
Bruno è un calciatore in erba, che viene notato da un famoso giocatore africano che milita nel campionato francese. Una volta in Francia, però, il nostro protagonista si rende ben presto conto che dovrà mettere da parte i propri sogni di gloria per cercare una via che gli consenta di sbarcare il lunario, e vivere in modo dignitoso. Un episodio però cambia tutto e permette al nostro protagonista di mettersi in una condizione delicata, ma dalle mille possibilità.
Fumetto sociale ma anche dalla qualità sopraffina, Pompa i bassi, Bruno! non lascerà certo delusi gli amanti di questo autore, che ancora una volta scende dal piedistallo per raccontarci storie di tutti i giorni, storie note, ma con un piglio poetico e delicato, potente e discreto che non può lasciare indifferente nessun lettore.

Un altro titolo che consiglio vivamente è Quequette Blues una delle prime opere di Baru.
In questo caso il set è un paese anonimo, in cui tutto gira intorno alla grande fabbrica che da da mangiare a tutti e aleggia come una presenza ineluttabile. E' l'ultimo giorno dell'anno e un gruppo di amici decide di fare una notte pazza per festeggiare. Nei loro movimenti, però, è sempre presente la loro condizione di proletari, dalla quale non potranno mai scappare. Come sopra, tutto questo ci viene restituito in forma poetica, senza retorica e senza pietà, ma semplicemente aprendo gli occhi e il cuore su un mondo e su delle persone che sono esattamente come noi e che probabilmente siamo proprio noi.

mercoledì 9 gennaio 2013

Dylan Dog 316: Blacky

Lo spettro di un cavallo si aggira nei meandri di scommesse, loschi figuri e regolamenti di conti in sospeso che paiono giungere alla conclusione. Ma come spesso accade, quello che sembra non è, e questo numero 316 della serie regolare dell'indagatore dell'incubo non è da meno. Blacky (questo il titolo) rappresenta infatti un ritorno ai temi animalisti tanti cari all'indagatore dell'incubo, e lo fa con una storia che non dispiace, e che alla fine ci mette di fronte all'aridità di certi ambienti troppo spesso inquinati da pratiche scorrette e senza scrupoli.

Rispetto ai mesi precedenti, abbastanza deludenti nonostante i nomi altisonanti, Giovanni Gualdoni riesce a tirare fuori una storia piacevole, a tratti appassionante, che recupera molti tratti di un Dylan Dog classico, alle prese con gli incubi reali che ci troviamo di fronte tutti i giorni ma che spesso restano celati. Nell'alternanza dei fatti, trovano spazio alcuni colpi di scena ben congegnati, e si recupera un Groucho in grandissima forma, brillante e mai fuori luogo come ai vecchi tempi. I tempi di inserimento dell'assistente più strampalato del comics nostrano sono perfetti, e questo rende la storia ancora più piacevole e scorrevole, da gustarsi pagina dopo pagina.

Se poi a questi ingredienti tutt'altro che trascurabili ci aggiungiamo una prova maiuscola di Daniele Bigliardo ai disegni, va da sè che questo mese l'indagatore dell'incubo ci ha regalato una storia convincente e da leggere. Certo, i puristi potrebbero storcere il naso di fronte all'ennesima fuga dall'incubo e dallo splatter tanto caro, ma tant'è prendiamo quello che di buono esce da questo albo. Che, mi ripeto, merita di essere letto, come non succedeva da qualche mese a questa parte!

venerdì 4 gennaio 2013

Addio Chunky Rice

Si dice che la dolcezza, quella più autentica, stia nella semplicità, nelle piccole cose, nel sapersi stupire e commuovere di fronte agli eventi che quotidianamente ci mette di fronte la vita. Incontri, scontri, delusioni, amori e conoscenze che, strada facendo, rendono ognuno di noi un essere unico, irripetibile e con un bagaglio di esperienza da usare ogniqualvolta se ne presenti l'occasione. In due parole, la dolcezza sta nella semplicità.

Ma non è altrettanto semplice descrivere questa stessa dolcezza con la medesima semplicità, come sosteneva Calvino nelle sue Lezioni Americane. Troppo spesso (e in letteratura ne abbiamo moltissimi esempi) tale concetto ci viene restituito invece con pesantezza, per mezzo di delusioni ed emozioni che sconvolgono, turbano e rendono profondamente introspettivo riscoprirne il sapore più autentico.

Non è il caso di Craig Thompson, conclamato autore statunitense di masterpiece come Blakets o Habibi, che con il suo Addio Chunky Rice (sua opera prima) riesce invece a donarci una pennellata di una dolcezza semplice e autentica, senza enfasi e senza fronzoli, mettendoci davanti alla nuda realtà di un amore forse infantile, ma proprio per questo genuinamente emozionante.

La tartarughina protagonista di questa graphic novel infatti deve staccarsi dalla sua amata topina Dandel, costretta invece a restare per una sorta di ancora esistenziale nel luogo natio, e in questa separazione sta l'essenza della speranza, dell'amore autentico e dell'opportunismo di rovescio che Chunky dovrà affrontare, solo e senza bussola, in un mare metaforicamente pronto ad accogliere il suo futuro e tutte le persone che dovrà in qualche modo trovarsi di fronte senza il suo amore.

Amore, distacco, partenza, speranza: difficile condensare tutto questo con la semplicità con cui riesce Thompson, che in questa storia anticipa poi i grandi temi che affronterà con Blankets e Habibi. Il disegno, più scarno ed essenziale rispetto a quello che verrà in seguito, mostra già i germi del talento dell'autore. Una lettura che non deve mancare in nessuna libreria, un must per apprezzare e conoscere ancor meglio un artista da tutti considerato un maestro di comics a livello mondiale.

sabato 15 dicembre 2012

Allen

Un po' Prometheus, un po' Alien, un po' di sarcasmo su Voyager, e il solito antieroe provocatore. Eccoci di fronte ad Allen, ultimo nato nella collezione di albi speciali di Rat Man che l'immenso Leo Ortolani ci regala con regolarità quasi scientifica da ormai diversi anni.

Scrivere una recensione su Ortolani e il suo Rat Man, però, è impresa ardua, direi impossibile. Un po' perchè la stima verso l'autore è tale che qualsiasi "giudizio" o impressione si sospende, sia perchè comunque la qualità resta sempre talmente alta che difficilmente si possono fare discrimini.

Ma proviamoci. L'albo (formato abbastanza elegante, ma sottoposto allo stress dell'umidità tende un po' a imbarcarsi) è la parodia della saga di Alien, soprattutto alla luce dell'ultimo film uscito nelle sale qualche mese fa, che però io non ho visto. Si ride, come al solito, con una comicità che si pone a metà fra il demenziale e il cinico, anche se stavolta (rispetto ad altre parodie, come quella del Signore degli Anelli) si nota forse un po' di più la passione di Ortolani per l'alieno che invade la nave spaziale. La parodia infatti è abbastanza fedele all'originale, e scorre via che è un piacere fra una risata e l'altra.

Come già detto, dire che è bello o brutto proprio non mi riesce. Ho letto tantissimo di Ortolani, forse in altre pubblicazioni o speciali ho riso di più, ma non importa. Resta sempre un prodotto e un fumetto carinissimo e di qualità elevatissima. Forse ripetitivo? Può darsi, ma la comicità di Ortolani è questa, prendere o lasciare. E allora se "nello spazio nessuno può sentirci ridere" meglio così: a volte, leggendo questo fumetto, si può rischiare di disturbare chi ci è seduto accanto con risate fuori dal contesto!

martedì 11 dicembre 2012

Batman n°4: In cella con il clown

E' ancora una volta il Joker il protagonista assoluto dell'albo (il quarto) edito da Mondadori nella collana di Panorama dedicata all'uomo pipistrello. E non un Joker qualsiasi, ma quello tutto celebrale che riesce a far impazzire i suoi nemici e renderli talmente pericolosi da superarlo in ferocia e determinazione. Un Joker quindi più "celebrale" di quello visto nel numero precendete, ma altrettanto pericoloso e imprevedibile.

Hai capito i tuoi diritti? e Poliziotto buono, poliziotto cattivo, firmate da Andrew Kreisberg ai testi e Scott McDaniel alle matite, sono le protagoniste indiscusse di questa pubblicazione, con ben 140 pagine su 180 totali. Legate fra loro, narrano le gesta del Joker, che oltre a le sue solite questioni con Batman, si diverte a farsi prendere, processare, e far impazzire il collega di Gordon, inducendo al suicidio la moglie. In una altalena di emozioni e colpi di scena, l'epilogo con il poliziotto divenuto una specie di spietato vendicatore a caccia di giustizia (ricorda molto da vicino il Judge Dredd per molti versi) offre ancora una volta l'occasione per esaltare il genio criminale del pagliaccio e il senso di profonda giustizia del nostro protagonista. Due belle storie, molto vive e frizzanti, con una lettura veloce e serrata, attuale e fresca. L'albo si lascia leggere molto piacevolmente, così come si fanno apprezzare i bellissimi e mai banali disegni che rendono merito a una delle storie che ho preferito fino ad oggi.

Spazio finale, invece, per un'altra storia meritevole, Emergenza a Gotham, firmata stavolta da Eddie Campbell e Daren White ai testi e Bart Sears alle matite. Breve e intensa, si apre con Batman che porta con urgenza il Joker all'ospedale per prestargli cure mediche, in braccio, disperato e con precedenza assoluta. Se la cosa un po' spiazza, si capirà poi il motivo di tanto ardore nel salvare il nemico pubblico numero uno, in un'altra storia che esalta dei meravigliosi disegni e una trama carina ma non originalissima.

Nel complesso quindi un quarto numero che non delude le attese e conferma come insistere su questa serie sia stata un'ottima scelta per conoscere magari storie "minori" o meno pubblicizzate, ma che concorrono a rendere il puzzle complicatissimo dell'universo di Gotham City accessibile a tutti, appassionati di lungo corso e non.

venerdì 7 dicembre 2012

Dossier TAV: Una questione democratica

Chiunque non abbia vissuto sulla luna negli ultimi due anni almeno ha sentito parlare dell'alta velocità fra Torino e Lione. Spesso con toni propagandistici, spesso come mera cronaca di scontro, altre volte come partecipazione civile di una comunità alle decisioni governative. Claudio Calia, col suo Dossier TAV: una questione democratica cerca di fondere tutti questi aspetti in un fumetto, un'opera d'inchiesta e di sensibilizzazione intorno ad uno degli argomenti più caldi della realtà italiana degli ultimi anni.

Il fumetto è senza ombra di dubbio un genere letterario molto complesso, troppo spesso ridotto a caricatura, che invece può essere veicolo di contenuti anche scomodi e sensibilizzare intorno ad alcuni specifici temi in modo immediato e diretto. A volte più della televisione o di lunghe inchieste giornalistiche proprio per le sue caratteristiche.

Penso onestamente che l'intento dell'autore fosse proprio questo, sfruttare il "suo" mezzo per rendere un punto di vista il più possibile distaccato intorno a un fatto di cronaca che tanto fa discutere anche in questi giorni. E i recenti accordi Italia-Francia in merito non fanno altro che esaltare questa pubblicazione, che per chi sa poco o niente della questione può rappresentare un buon punto di partenza.

Si comincia con una citazione di Marinetti e si finisce con una di Majakovski, a indicare una circolarità (irrisolvibile?) che si riflette soprattutto nelle posizioni registrate in tutti questi anni sul contestato valico della Val di Susa. Nel mezzo una cronaca dei principali avvenimenti e dichiarazioni dei protagonisti, tesi a evidenziare in modo più onesto possibile le posizioni sostenute dalle due fazioni, quelli pro a tutti i costi e quelli contro a tutti i costi. Su questi argomenti una ricostruzione oggettiva e imparziale non può esistere e, nonostante il punto di vista di Calia penda inesorabilmente sui No-Tav, la narrazione è asciutta e distaccata, come testimoniato dai frequenti inserimenti fuori campo dei suoi pensieri e delle  motivazioni che hanno portato alla nascita del libro.

E poco importa se alla fine la cronaca non è precisa e appassionante come quella di un Joe Sacco, o se si fa fatica a inserire completamente questa pubblicazione nell'universo del graphic journalism, forse proprio per l'ambizione di restituire una fotografia su fatti che sono tutt'ora in corso e che sono passibili di continui mutamenti non essendo "storicizzati" in tutto e per tutto. Il libro merita davvero, e i disegni (essenziali e scarni) bene si adattano a questo intento, con il bianco e nero forte, marcato, ancora una volta a sottolineare un'alternanza fra "giusto e sbagliato" difficile da cogliere al cento per cento.

Bellissimo il capitolo di "botta e risposta" fra i pro e i contro della "grande" opera, una sorta di compendio essenziale per poter rispondere alle tesi dell'una o dell'altra fazione (come ammesso dallo stesso autore in prefazione).

Un libro interessante, da leggere e da conservare per cercare di addentrarsi in un fatto di cronaca che ci riguarda tutti, in modo diretto, un'ottima bussola per una storia di emergenza democratica.

mercoledì 5 dicembre 2012

Dylan Dog 315: La Legione degli Scheletri

Un po' di splatter, un po' di sentimentalismo, un po' di retorica e qualche personaggio storico che torna a far capolino. Ecco il succo dell'ultimo Dylan Dog uscito in edicola a novembre, intitolato La legione degli scheletri.

L'evento era di quelli succulenti per ogni appassionato dylaniato che si rispetti: per la prima volta nella sua storia, infatti, l'indagatore dell'incubo è protagonista di un evento eccezionale. Copertina, sceneggiatura e disegni opera di un solo autore, e non di uno qualsiasi, ma di quell'Angelo Stano che rappresenta un mito vivente quasi allo stesso livello di Tiziano Sclavi.

Una catena di efferati omicidi viene ricondotta a una giovane ragazza, introversa e irascibile, che pare essere vittima di una maledizione che la condanna a prevedere le orribili morti di chi le ste intorno. Soltanto alla fine Dylan riuscirà a capire qualcosa in più di quella che ha tutti i crismi per essere considerata una storia in linea col personaggio, ma che per una serie di motivi non riesce comunque a spiccare il volo e rivitalizzare un fumetto che pare ormai da troppo tempo aver sparato le sue cartucce migliori.

Stano cerca di recuperare un po' di sano splatter troppo spesso dimenticato dagli altri autori della serie, e questo gioca sicuramente a suo favore, ma la storia procede lenta e senza impennate, risultando a volte piatta e monotona. Fra le battute di Groucho non sempre azzeccatissime e vecchi clichè legati alla pensione di Bloch o all'apparizione (sempre piacevole, ma stavolta veramente effimera) di Morgana, l'albo si trascina un po' stancamente al finale, che putroppo non riesce a riscattare una storia un po' prevedibile per chi segue l'indagatore dell'incubo da decenni.

Favolosi invece sono i disegni, attraverso i quali Stano riesce a trasmettere un'inquietudine che non traspare però dalla sceneggiatura. Verrebbe da dire "a ognuno il suo", ma sarebbe veramente troppo ingeneroso verso questa storia che, non demeritando, non rappresenta nemmeno un evento storico da ricordare come le premesse potevano promettere. Un mix fra vecchio e nuovo, e non poteva essere diversamente per un autore che ha fondato la propria carriera proprio sul personaggio di Dylan Dog.

Resta comunque un albo da leggere a apprezzare, personalmente forse l'avevo caricato di troppe aspettative. E di questi tempi, con Dylan Dog, meglio non esagerare e accontentarsi. Aspettando un nuovo astro nascente che sappia riportare la serie al livello che le compete.